1916

L’offensiva austriaca nel Sud Tirolo (Strafexpedition), voluta da tempo dal Gen. Conrad, costrinse la linea difensiva italiana a retrocedere fino ai margini meridionali  dell’Altipiano dei Sette Comuni, con ciò abbandonando le posizioni che Luigi Cadorna e l’Italia intera considerano di capitale importanza per la salvaguardia dei confini. Strategicamente il Trentino, ed ora anche parte del Veneto occupato, continua ad esercitare la funzione di pericoloso cuneo infilato  tra le truppe in linea sull’Isonzo. Si rende pertanto necessaria, la riconquista delle posizioni perdute, con l’”Operazione K. ****Ma le truppe austro – ungariche si sganciano silenziosamente da quelle italiane e riescono a guadagnare la nuova linea difensiva approntata in pochissimo tempo sulla linea Val d’Assa, M. Interrotto, M. Zebio, M. Chiesa, M. Campigoletti, M. Ortigara. Si forma così una “terra di nessuno” al centro formata da il Vallone dell’Agnelliza e Pozza dell’Agnellizza. Le difese italiane si arroccano sulle creste di M. Lozze, Cima della Campanella  e Cima della Caldiera. L’arrivo di un l’inverno particolarmente rigido frena ogni velleità di contrattacco italiano e se ne riparlerà nel 1917.

1917

L’”Operazione K”, prevista per l’autunno dell’anno precedente, venne ripresa ed ampliata in termini di obiettivi e di fronte d’attacco. Diventa l’”Ipotesi Difensiva Uno”. Il Comando Supremo decide perciò di agire in modo da ribaltare la situazione. Venne formata una nuova armata (la Sesta) agli ordini del generale Ettore Mambretti il quale avrebbe guidato i 200 mila uomini alla conquista del Monte Ortigara, una cima di 2105 metri all’estremità orientale dell’altopiano tra il Veneto ed il Trentino. L’azione, considerata una delle più importanti dell’intero conflitto, venne organizzata per la metà di giugno ma da subito è bersagliata dalla sfortuna e dai contrattempi. La controffensiva austro-ungarica sul Flondar aveva reso necessario anticipare l’attacco. In tutta fretta Mambretti organizzò le prime linee ma proprio quando stava per essere dato l’ordine (7 giugno) le piogge torrenziali impedirono l’inizio delle operazioni. Il giorno seguente una mina destinata alla linea austro-ungarica esplose in anticipo uccidendo in un istante 230 soldati italiani. Nel frattempo, la situazione sul Carso si calmò dando così la possibilità alla Sesta Armata di prepararsi con maggiore tranquillità all’operazione. Mambretti però, inspiegabilmente, decise di non aspettare e il 10 giugno lanciò l’assalto all’Ortigara. Le divisioni, dopo essere scesi dai monti LozzeCampanella e Caldiera partirono verso le pareti scoscese della montagna mentre 430 cannoni e 220 lanciabombe iniziarono a colpire le trincee asburgiche. Ma ancora una volta la sfortuna si accanì sui soldati italiani: le nuvole basse impedivano di avere una buona visuale e tutti i colpi lanciati contro le postazioni nemiche andarono a vuoto. Nonostante le richieste d’interruzione da parte di alcuni ufficiali, Mambretti ordinò di proseguire nella convinzione che le bombe e le granate italiane avrebbero sortito i loro effetti. L’attacco avvenne fino alle pendici di quota 2105 e analogo tentativo avvenne il giorno seguente. Resistettero ai contrattacchi fino al 12 giugno per poi tornare alle posizioni di partenza. Sparuti drappelli rimasero su quota 2003 e 2101. Il 18 giugno, preceduto da 25 ore di bombardamento, parte lo slancio sino a quota 2105 dove gli alpini si attestano, ma altri attacchi non raggiungono alcun obiettivo di rilievo. La battaglia infuriò per una settimana ma le conquiste, ad esclusione di diversi pezzi di artiglieria e di circa mille prigionieri, furono nulle. Il 24 giugno, con l’”Operazione Anna”, i soldati asburgici, con violenza inaudita e inaspettata e con l’utilizzo di lanciafiammebombe a mano e gas asfissianti, respinsero definitivamente la precaria resistenza italiana sulle poche cime conquistate. Tutto il fronte avrebbe dovuto ritirarsi immediatamente sulle posizioni del 10 giugno, ma il Comando del gen. Mambretti ordina, invece, di resistere ad oltranza in quella che diverrà un’inutile strage fino al 30 giugno.

La Battaglia dell’Ortigara divenne così una delle pagine più drammatiche della Grande Guerra: in 16 giorni gli italiani persero più di 25 mila uomini e alcuni battaglioni alpini persero oltre il 70% degli effettivi.