Le specie arboree dei patriarchi del monte Cesen sono sostanzialmente tre: il faggio, il castagno e il frassino maggiore.
Al faggio spetta indubbiamente il primato; non può sfuggire infatti a chi salga da Valdobbiadene verso Pianezze o a chi percorra la rotabile di crinale per scendere poi verso Combai-Miane, la presenza di patriarchi arborei talvolta monumentali rimasti a vegliare decine di casali sparsi sul versante della montagna. Si tratta di alberi di proporzioni talvolta impressionanti, di età che supera anche i duecento anni, che si ergono imponenti a proteggere con le proprie fronde i piccoli edifici. Le loro branche primarie si protendono verso l’alto a formare chiome maestose; veri e propri ombrelli protettivi di foglie di cui si stenta oggi, con l’assedio stretto del bosco, a comprendere l’utilità, ma che in passato climatizzavano gli spazi domestici dispensando ombra generosa.
Ai castagni, invece, era riservata una semplice funzione produttiva molteplice e dunque erano coltivati in piccoli gruppi o in autentici boschi radi di cui oggi, tuttavia, si è perduta la continuità. Le falcidie dovute alle avversità che hanno colpito la specie hanno fortemente ridotto il popolo dei patriarchi del castagno, che resiste con esempi significativi solo sulla montagna di Combai. Nella fascia prossima al fondovalle, lungo le stradine e i sentieri, sui ciglioni terrazzati di prato, svettano ancora i grandi castagni che conobbero le vicende tristi del primo conflitto mondiale. Ancora generosi di risorse: castagne, fogliame e ottima legna da ardere quando la vita, infine, li abbandona.
E poi i frassini maggiori, che benché meno frequenti rispetto alle due specie precedenti, svolgono anch’essi la funzione di alberi-sentinella presso gli edifici lasciati dall’uomo sulla montagna. Salendo da Pianezze verso malga Barbaria, dopo breve tratto si scorge presso un tornante la trattoria Ai frassini, vegliata da quattro alberi di proporzioni secolari. Anche in questo caso è il passato della montagna che, grazie a questi protagonisti della storia e del paesaggio, trasmette un messaggio fino al presente invitando tutti a riflettere sulla stessa conservazione della memoria e dell’ambiente montano.