L’area ove sgorgano le acque di Lagole e, più a valle, ove si trovano i laghetti emana una forte magia e da sempre si è ritenuto che fosse sede di manifestazioni sovrumane.
I nonni di Calalzo parlano ancora oggi della presenza di entità a mezzo fra l’umano ed il ferino: le Anguane. Note anche in altre località dell’area ladina della provincia. Le Anguane sono presenti in un’ampia zona alpina compresa tra il Friuli e la Lombardia con diversi nomi: Aganis, Aivane, Guandane, Longane; questi termini sembrano derivare tutti dal vocabolo latino aqua.
Infatti le Anguane erano considerate divinità acquatiche e si riteneva che abitassero vicino a laghetti e piccoli corsi d’acqua, occupando sovente, come nel caso di Lagole, anfratti e grotte. Alle grotte di Calalzo, oggi inghiottite dal Lago del Centro Cadore, facevano capo tutte le Anguane del Cadore che talvolta si riunivano in questi luoghi in adunanze segrete e piuttosto nefande.
Le Anguane avevano un corpo di sembianze umane nella parte superiore ma nella parte inferiore presentavano zampe pelose e piedi caprini da cui dipendeva il caratteristico incedere saltellante e malfermo. Erano magre ed altissime; per questo venivano indicate anche con l’appellativo di Longhe Longane. Secondo alcuni questo epiteto non sarebbe un riferimento all’altezza esagerata ma pittosto alla lunghezza dei loro seni che scendevano lungo il torace e potevano, alla bisogna, essere gettati dietro le spalle per allattare i piccoli che, tenuti nelle gerle, accompagnavano le madri nei lavori di sfalcio.
Una nota particolare è rappresentata anche dai capelli; da sempre simbolo di grande sensualità e fascino femminile, tenuti raccolti e ben pettinati dalle ragazze per bene, in genere quelle delle Anguane erano molto lunghi, tenuti scioli o in trecce e di colore rosso fulvo.
Le Anguane avevano il dono della divinazione (spesso predicevano disgrazie e morte), sapevano prevedere il tempo ed erano in grado di scatenare tempeste per nuocere a chi le avesse fatte infuriare. Erano invidiose del bene altrui e soprattutto della bellezza delle giovani donne di Calalzo. Per vendicarsi potevano diventare dispettose e cattive mettendo in atto scherzi crudeli o addirittura azioni di morte. A questo proposito la tradizione tramanda di un terribile eccidio nel quale perirono per mano delle Aguane, accecate dall’invidia, tutte le ragazze di Calalzo scese a bagnarsi nelle acque salutari di Lagole per il consueto rito di bellezza celebrato nel plenilunio di agosto, da cui avrebbero ottenuto freschezza e bellezza durevoli.
Le Anguane di Calalzo erano famose per i panni immacolati che lavavano all’imbrunire proprio nelle acque di Lagole stendevano su fili tesi da una vetta all’altra ed il cui candore risaltava alla luce lunare.
Accadeva che qualche Anguana contraesse matrimonio con un uomo, solitamente non nel paese, ma prima del rito essa poneva allo sposo alcune precise condizioni: non avrebbe mai dovuta chiamarla “pie’ di capra “ alludendo a questa sua caratteristica bestiale, non avrebbe potuto guardarla mentre si pettinava e dormiva e non avrebbe mai dovuto contraddirla.
Se il marito non rispettava una delle condizioni imposte allora l’Aguana spariva. Spesso non si trattava di una scomparsa totale e definitiva. Le Anguane sono rappresentate come madri solerti ed amorevoli e così di notte, quando il controllo della comunità cessava, l’Anguana tornava a casa per accudire i figli, li lavava, li pettinava, insegnava loro a prevedere il futuro e, solo quando questi diventavano autonomi, spariva del tutto. Secondo alcuni, le Anguane potevano tramutarsi in serpe o gatto e continuava a vivere nei contorni della casa sotto spoglie animalesche. Nulla si sa di come nascessero: semplicemente apparivano splendide in volto nella loro giovinezza, avviandosi poi alla decadenza e diventando, col tempo, sempre più brutte e spaventose.
Alla loro morte, nel posto in cui venivano composte le loro spoglie, si manifestava un puzzo nauseabondo che teneva alla larga i curiosi.