In provincia di Belluno, a Palus San Marco di Auronzo di Cadore, si trova un posto magico. Un luogo per la cura dell’anima. Un angolo di natura ideale per ascoltare la voce degli alberi: la foresta protetta di Somadida. Si tratta di uno dei polmoni verdi d’Italia, il più grande bosco del Cadore nonché una delle foreste più estese di tutte le Dolomiti.

Parliamo di circa 1676 ettari di parco; sotto agli alti abeti rossi e bianchi, che assieme ai larici e ai faggi costituiscono la presenza più consistente, si stende un sottobosco che vanta alcuni dei fiori più belli delle Dolomiti. Bellissima e rara la “pianella della Madonna” o “scarpetta di Venere”, un’orchidea di montagna vellutata, oppure il “giglio martagone” dalle sfumature rosa-violacee o ancora la singolare “piroletta soldanina”, dai delicati fiori bianchi. Non manca il mirtillo, nelle sue varietà rosso e nero, ingrediente base di deliziose marmellate. Per quanto riguarda la fauna, in quest’area è presente da sempre la volpe, e poi camosci, cervi e caprioli, mentre recentemente è ricomparso l’orso bruno.

Da cornice naturale alla foresta, quasi fossero sorte dalla terra a tal fine, vi sono le vette del Cristallo, del Sorapiss, le Tre Cime di Lavaredo e i Cadini di Misurina. L’idea che si ha è quella di camminare in un luogo esistito da sempre, che porta con sé i ricordi del mondo.

Il bosco di Somadida ha davvero tante storie da raccontare. Prima tra tutte la sua. Tanto per cominciare il nome del bosco è leggenda. Lo confermano le vicende della Saga dei Fanes, trascritta nell’Ottocento  dall’antropologo e giornalista austriaco Karl Felix Wolff che si occupò di raccogliere miti, fiabe e racconti (fino ad allora trasmessi oralmente) sulle popolazioni ladine delle Dolomiti. Tra le tante storie si racconta anche quella di Sommavida, principessa della ricca terra di Aurona, liberata dal regno delle tenebre dal re Odolghes. Forse fu lo stesso Wolff a rivisitare il nome della foresta e donarlo alla principessa. Forse Aurona era il nome di una miniera non lontana dal bosco di Somadida.

Una cosa è certa: nella leggenda realtà e finzione si intrecciano in modo indissolubile, a differenza della storia dove i fatti restano e diventano verità…

Nel 1463 la Magnifica Comunità del Cadore aveva fatto dono della foresta alla Serenissima a cui era legata politicamente e territorialmente. E’ dagli abeti di questa risorsa naturale che Venezia otteneva il legno necessario alla costruzione della sua flotta marittima: i lunghi tronchi venivano abbattuti e trasportati (su carri con ammortizzatori per non stressare il legno) fino a Perarolo di Cadore per poi essere calati nel fiume Piave da dove proseguivano su grandi zattere fino all’Arsenale di Venezia. Dichiarata inalienabile nel 1870 dal Regno d’Italia, nel 1972 la foresta venne trasformata in Riserva Naturale..

Oggi il bosco di Somadida può essere visitato in ogni momento dell’anno a piedi, a cavallo e in mountain bike nei periodi di sole, mentre con il freddo e la neve è possibile armarsi di ciaspe o lanciarsi in escursioni su slitta trainata da cani. A onor del vero sarebbe più opportuno dire che solo vedendola in ogni stagione è possibile coglierne totalmente l’essenza: dal tripudio dei profumi della primavera all’incanto del candido silenzio invernale, in un continuo mutare di colori.