Il monte Pizzòc ha rivestito un ruolo importante nelle vicende economiche degli abitanti del versante trevigiano del Cansiglio, che in tempi e modi diversi ne hanno utilizzato le risorse. Delle passate attività rimangono tracce più o meno evidenti su tutta la dorsale: oltre ai pascoli e ai prati di origine antropica, alle casere, ai muretti a secco e al roccolo, nei pressi del Rifugio Città di Vittorio Veneto, si trova una cava dalla quale, fino al secondo dopoguerra, si estraeva il materiale per la produzione di cemento e calce. La cava fu aperta dall’Italcementi, una ditta privata che, dagli ultimi decenni dell’Ottocento, si trovò a gestire le storiche “fornaci di sopra” nella stretta di Serravalle, ora dismesse, e il “cementificio di sotto” nella frazione di Sant’Andrea; questi stabilimenti arrivarono a impiegare ben 350 persone nella produzione di diversi tipi di cemento e di calce (Portland, idraulico a presa lenta e a presa rapida, calce idraulica, calce idraulica speciale). I prodotti insaccati, sigillati e marchiati “Vittorio”, vennero utilizzati anche in grandi opere come gli argini del Piave a Lentiai (1884) o quelli dell’Adige (1888); o ancora per le fortificazioni militari a Mestre (1889) o per le grandi opere delle centrali idroelettriche, di proprietà della SADE, in Val Lapisina (1914 – 1928). Durante la grande guerra l’Italcementi dovette urgentemente approvvigionarsi di ulteriore materia prima per soddisfare le aumentate richieste dovute alle opere belliche. Le cave delle colline vittoriesi fino allora utilizzate si andavano esaurendo e così, essendo la dorsale del Monte Pizzòc costituita anche da calcari marnosi, si diede il via all’attività di estrazione. La trasformazione della pietra avveniva negli stabilimenti a valle, nel cementificio ubicato nella frazione di Sant’Andrea. La vetta del Pizzòc era collegata agli impianti tramite una teleferica lunga circa 6 km, che con lunghi cavi sostenuti da ben 49 piloni trasportava a valle il materiale in vagoni di ferro da 0,25 m3. La cava venne abbandonata nel 1946 per esaurimento.
Attualmente l’attività del cementificio di Sant’Andrea è limitata alla macinazione e all’insaccaggio di materiale cotto proveniente dal padovano e dal triestino.