Lungo il primo tratto nei dintorni di malga Silvella, affiorano le filladi di colore grigio scuro dalle caratteristiche lenti di selce bianca, sommerse dalle alluvioni detritiche formate dapprima da ghiaie grossolane cementate intensamente a formare un conglomerato. A Casera Rigoiéto, entro le filladi, si rinviene un nucleo di un antico granito anch’esso trasformato per metamorfismo in un’altra roccia denominata gneiss. Esso è facilmente riconoscibile per il suo colore biancastro ed è visibile nei grandi massi che fiancheggiano la pista forestale. In questo caso l’antico magma è solidificato lentamente in profondità. Poco oltre, invece, lungo la dorsale che scende dal M. Cavallino, si incontrano livelli rocciosi formati dal medesimo magma solidificato però in superficie, dopo l’effusione, formando così dei porfidi. Anch’essi si sono metamorfosati e vengono denominati “porfiroidi del Comelico”. Si riconoscono per il colore scuro, per l’aspetto compatto, e per gli evidenti cristalli di quarzo lucente. Per tutta la salita si può ammirare le bianche creste dei monti Cavallino e Cavallatto che sovrastano, con grande contrasto cromatico, le scure rocce filladiche e i porfiroidi. Si tratta di antichi calcari di circa 400 milioni di anni fa trasformati per metamorfismo in marmi. Osservati da vicino presentano un aspetto granulare e con venature che disegnano incredibili volute e minutissime pieghettature. Il contatto con le filladi sottostanti non segue la successione normale, ma avviene per faglia. Queste masse compatte di marmo, infatti, hanno subito notevoli spostamenti durante le fasi di formazione della catena alpina, a partire da “appena” 40 milioni di anni fa.