Or avvenne che un giorno di nebbia fittissima, che si potea tagliare colla baionetta, un soldato di quei posti, andato a prender il rancio anche pei suoi tre compagni, nel ritorno perde la bussola. Riuscito dal varco del reticolato, col pensiero al brodo che gli avevano portato caldo fin lassù e che fra breve gli avrebbe ristorato lo stomaco, prese troppo a sinistra; e giù e giù; quando gli parve di esser sceso troppo, invece di tornare sui suoi passi, nulla vedendo più in là di qualche metro, errò di nuovo; colle mani impegnate a regger le quattro gavette, due per parte, si aggirò su e giù, di qua e di là, senza imbattersi né in reticolati né in trincee, per la vanità ossessionante di quel mar di bambagia, finché, oltre all’orientamento, perde la calma; e allora non gli passò per la mente che il meglio era fermarsi e mangiar pur le razioni dei compagni nell’attesa che la nebbia sfumasse. Talvolta su quel terreno ripido, su quell’erba levigata dall’umidor della nebbia, scivolava lungo disteso, non avendo altra cura che di tener le braccia in alto per mantenere in equilibrio le gavette, andando a fermarsi all’orlo di qualche buca di granata. Ciò avrebbe dovuto richiamarlo alla opportunità di sostare; d’altra parte trovandosi per un momento solo or davanti a un cespo di mugo, or con a fianco un bossolo squarciato, or tra un seminìo di pallette di piombo che avean l’aria beffarda di caccole di capra, provava un tal senso di orrore per quella solitudine, che si levava al più presto e proseguiva come cacciato da un dèmone. In quei brevi istanti, tendeva anche l’orecchio a qualche noto rumore, a una voce, a un bisbiglio … nulla; assolutamente nulla; la vigilanza degli avversari era tesa fino allo spasimo: Ciò lo spingeva più di tutto a tentar ora una direzione, ora un’altra, con preferenza verso sinistra, perché a destra c’era la Forcella maledetta e subito verso di là Monte Pianto, Monte Sangue. Questo, la sua fantasia lo vedeva anche con la nebbia più fitta! Pare strano come la guerra di posizione irrigidisse comandanti e gregari in certe fissazioni! A Monte Piana, ufficiali e soldati non vedevano che Monte Piano! Così a poco a poco il nostro ranciere, obbedendo all’inavvertita pressione di un incubo, procedendo a sinistra senza punti di riferimento, si trovò d’un tratto davanti a una baracca chiusa. Chiusa, ma abitata. Venia di dentro un tramestìo confuso. Si sentì rinascere. A quell’ora e con quel tempo, là dentro c’era indubbiamente qualche ufficiale … Ma gli ufficiali nostri non sono sempre stati fratelli maggiori pei soldati? E poteva essere vergogna per lui l’avere smarrito la via in tal nebbione? Lì c’era chi lo farebbe accompagnare al suo posto, che forse era vicino. Il rancio non era più caldo, a dir il vero, ma con quell’appetito i suoi compagni l’avrebbero mangiato volentieri lo stesso…. Non gli passò nemmeno per l’anticamera del cervello che quella baracca potesse essere del nemico, perché gli avevano sempre detto che il nemico stava sul Monte Piano, dove si saliva per la forcella sbarrata dai cavalli di Frisia. Che potesse venire su dal vallone di Carbonin, gliel’avevano anche detto; ma che ci stesse là, da quella parte, a un tiro di schioppo dalle nostre posizioni, senza che si fosse mai fatto vivo, non glie’avevano detto mai e non era possibile. Senza quindi esitare, bussò … Rispose una voce aspra e chioccia, ma non vi fece caso. Spinse la porta e … si trovò davanti al colonnello dei kaiserjäger, Lichy Rudolf, venuto fin lassù per una ispezione alle linee e rimasto prigioniero della nebbia. Sedeva a mensa con alcuni ufficiali. Questi si precipitarono sulle rivoltelle appese alle pareti; ma s’avvidero tosto che il soldato era solo e smarrito. Non d’altro armato che delle quattro gavette, le depose lesto sul pavimento, per fuggire …. Fu preso e mandato fra le nebbie di Mathausen, a maledire quelle di Monte Piana.