La Valle dei Mocheni è una piccola realtà del Trentino poco conosciuta, al di fuori dei classici circuiti turistici: proprio per questo ha miracolosamente conservato, oltre ad una natura quasi intatta, una sua forte identità grazie anche alla sua etnìa particolare di origine tedesca, i Mòcheni, che ancor oggi parlano una lingua quasi incomprensibile al di fuori della piccola valle. Può essere definita un tedesco antico integrato con parole provenienti dal dialetto trentino, sviluppata in seguito all’immigrazione di contadini tedeschi stabilitisi nella valle intorno al 1200-1300.

La parlata Mòchena Il linguaggio dei Mòcheni è stato tramandato per secoli solo oralmente, di generazione in generazione, poiché la popolazione contadina che lo parlava era molto semplice e povera e non aveva alcun interesse ad avere un testo scritto. Per questo motivo la lingua si è impoverita gradualmente, perdendo termini e subendo notevoli infiltrazioni del dialetto perginese, in particolare nelle zone più agevolmente raggiungibili e più favorevoli agli scambi commerciali. Attualmente la parlata mòchena è diffusa tra la popolazione di Palù del Fersina, Fierozzo e Roveda, a Frassilongo solo tra una minoranza.

Origine dei Mòcheni Antiche tracce di attività metallurgiche risalenti all’età del bronzo sono state rinvenute in valle. La località Acqua Fredda prende il nome da una sorgente a poca distanza dal Passo del Redebus, che collega l’altopiano di Pinè con la Valle dei Mòcheni. Questa località ospita un sito archeologico di forni fusori della tarda età del Bronzo (tra il XIII e l’XI secolo a.C.) tra i più importanti dell’arco alpino e testimonia come, fin dall’antichità, l’area fosse caratterizzata da attività metallurgiche. In epoche successive la valle fu sfruttata per i boschi ed i pascoli dalle genti provenienti dal vicino abitato di Pergine. I “tedeschi” arrivarono intorno al 1200, e furono probabilmente i primi a colonizzare stabilmente la valle, specie con l’avvento dei Conti del Tirolo tra il 1300 e l’inizio del 1400. Questi introdussero la particolare suddivisione del territorio in masi, “hof” la cui estensione era di circa 15-25 ettari. Gli insediamenti abitativi si svilupparono ad un’altitudine tra i 700 e i 1400 metri di quota, al di sopra vi erano i pascoli e i boschi di proprietà comunale. Nel corso dei secoli, in particolare nel periodo 1550-1650, alcune famiglie emigrarono ed altre subentrarono, tuttavia molte famiglie ancora oggi residenti (ad es.: Marchel, Moar, Hoss, Korn, Toller, Stefani, Laner, Moltrer, Iobstreibizer, ecc.) possono far risalire la loro origine direttamente ai primi coloni. La Valle ebbe un’intensa attività mineraria a partire dal XV fino al XVI secolo. Le maestranze erano minatori tedeschi, i “knappen”, che restavano per brevi periodi, senza amalgamarsi con la popolazione locale, che forniva manodopera sia maschile che femminile.

Come conoscere oggi la cultura Mòchena Nei tre musei della valle dei Mòcheni, sono custoditi il ricordo e la specificità di questa Valle. Sono “luoghi-museo” che hanno conservato la memoria nell’architettura e negli oggetti, luoghi che raccontano storie di vita quotidiana, di lavoro, di riti e tradizioni. Camminare all’interno del maso, sul tavolato di larice, guardare l’antica macina di pietra, addentrare lo sguardo nell’imboccatura della miniera e sentire i rumori e le voci di un tempo; così conoscere la cultura di questa Valle passa per evocazioni, per richiami emotivi, che ridanno vita agli oggetti i quali, non più dimenticati, sono ancora in grado di testimoniare il passato e d’insegnare il presente. Per questo visitare i musei Mòcheni , sostare al loro interno e respirarne l’atmosfera è un’opportunità unica e un’esperienza da non perdere. I musei Mòcheni sono der Filzerhof, antico Maso della Comunità a Fierozzo Vlarotz, e de Mil, il mulino ad acqua a Riveda Oachlait, curati dal Bersntoler Kulturinstitut, la miniera di rame Gruab va Hardimbl a Palù Palai, curata dal Comune, all’interno della quale sono ancora visibili parte delle strutture portanti, le gallerie e le scale in legno risalenti al 1500. Simbolo del Bersntoler Museum è il giglio martagone, fiore diffuso in tutta la Valle.